Un grande vino espressione di un territorio dedicato alla viticoltura eroica: i bianchi di Pietro Mosti crescono fra il mare e le Alpi del marmo, in un microclima ideale
Se è vero che ormai è iniziata l’estate nel senso di vacanza, immagino non ci siano dubbi che il vino simbolo per antonomasia di questa stagione sia il Vermentino. Un vino e un vitigno diffusi lungo tutta la costa italiana con punte in Sardegna e in Liguria, ma anche in Toscana e persino in una regione dell’interno che il mare non ce l’ha: l’Umbria. Lo scorso anno furono 7 le regioni rappresentate al Concorso per il miglior Vermentino, promosso da 28 anni dal Comune di Diano Castello, che è un borgo con la bandiera arancione; quest’anno si replica, dal 16 al 18 luglio, con gli assaggi di Vermentino che dovranno avere caratteristiche proprie: non troppo aromatici e soprattutto caratterizzati da quella sapidità tipica che si unisce alla naturale freschezza.
Detto questo, lo scorso anno ha destato stupore che fra 78 campioni di Vermentino in degustazione, oltre a salire nel novero dei primi cinque i campioni della Sardegna e della Liguria, il primo assoluto lo abbia portato a casa un’azienda agricola dei Colli Apuani.
Era il Vermentino Candia dei Colli Apuani “Massetano” di Pietro Mosti. Ora, essendo che il sottoscritto era il presidente della Commissione di valutazione con 8 sommelier equamente divisi fra Ais e Fisar, posso dire che gli assaggi completamente anonimi ci hanno trovati tutti concordi.
Un caso? Più che altro direi il giusto riconoscimento a un territorio, che si presenta come un’impervia zona collinare con pendenze da capogiro tra Carrara e Massa, care all’antico popolo dei Liguri Apuani, dove da sempre, si pratica una autentica viticoltura eroica.
Pietro, classe 1968, è un uomo testardo e ambizioso, quasi autodidatta, con un passato da gestore di palestre, divenuto in poco tempo uno dei protagonisti più illuminati. Nel 2003 ha deciso di ridare vigore ai vigneti di famiglia e di dedicarsi ai primi imbottigliamenti. Uno sforzo di tutto rispetto, calmierato dalla consapevolezza di godere di un microclima e di un terroir particolari, dati dalla vicinanza del mare – poco più di un chilometro in linea d’aria – e dalle celebri alpi di marmo alle spalle, che proteggono dai venti freddi del nord. Oggi, la sua palestra “a cielo aperto” non ha più attrezzi ginnici, ma può contare su sei ettari vitati terrazzati nei Colli Apuani e tre ettari a dimora nel Pistoiese, più precisamente nel territorio di Quarrata, che si estende dalle pendici nord-orientali del Montalbano alla pianura bagnata dal fiume Ombrone. Le bottiglie si aggirano in tutto sulle 40 mila.
E poi L’Aurora di Francesco è anche Bottega Campagna Amica a Marina di Massa. Nel negozio si trovano tutti i vini aziendali e una selezione di prodotti tipici della Garfagnana, Lunigiana, Maremma e altre zone della Toscana. Dopo un anno da quel riconoscimento e alla vigilia della prossima degustazione, dove per tre giorni il Borgo di Diano Castello ospiterà anche i turisti che potranno godere dei piatti tipici, dei vini, anche in gemellaggio con Neive, ho voluto recuperare i vini di quest’anno della cantina, perché la curiosità era tanta.
Detto questo, il Vermentino “Massetano” 2020, che nasce nel vigneto più alto del comprensorio (300 m) si presenta con un bel colore paglierino carico e al naso viene fuori imponente il pompelmo, ma poi un caratteristico mix di banana e pesca, salvia, albicocca, rosmarino accentuando le note balsamiche. In bocca è pieno, sapido come si immagina, e molto elegante.
Ma a stupire è anche il secondo Vermentino prodotto col vermentino nero, vitigno a bacca rossa di possibile origine dell’Alta Toscana (Massa-Carrara e bassa Lunigiana), dove è tuttora coltivato lungo la fascia costiera. Non è facile da gestire, perché necessita di molto lavoro in vigna e di decise potature invernali. La sua bottiglia prende il nome di Vermentino Candia dei Colli Apuani “Riflesso Nero” 2019, ed è vinificato in vasche di cemento molto porose. E anche questo è clamoroso. Senti la grafite allo stato puro, il tamarindo e una nota di mora intensa. Un Rosso complesso, con note animali distese, mentre il sorso è rotondo, equilibrato e piacevolmente fruttato, con la classica salinità sul finale.
Ma Pietro si è dimostrato bravo anche col Rosso prodotto nei vigneti di Quarrata. Si tratta di un syrah in purezza denominato Toscana Syrah “Scopetano” 2018. In questo caso, ha optato per una vinificazione di metà delle uve in acciaio e metà in botti grandi di legno, prima dell’assemblaggio. Rivela un colore rubino concentrato e brillante; al naso note di liquirizia ed eucalipto, la cui balsamicità senti anche in bocca dove il sorso chiude con una tannicità fine e setosa.
Sempre nel Pistoiese, Pietro sta conducendo un esperimento sul tempranillo, il vitigno spagnolo più importante, uno dei più coltivati al mondo, non soltanto in Spagna dove domina in tre delle regioni vitivinicole più apprezzate, ossia la Ribera del Duero, Toro e la Rioja. Lo vinificherà in purezza con una vendemmia anticipata per “calmierare” i tannini.
A settembre, infine, vedrà la luce nella cantina aziendale – che riprende il nome dei due figli, Aurora e Francesco – il frutto della vinificazione in purezza di un altro vitigno raro del territorio Massese, la “barsaglina” un’uva rossa recuperata all’estinzione, assai resistente e di ottima produzione quantitativa, che si esprime in bottiglia con colore rosso corposo, tannicità sostenuta, netti sentori di frutti di bosco.
Ma questa è già un’altra storia, che tuttavia fa solo venir voglia di andare a trovare questa famiglia che ha scelto di produrre una nuova contaminazione, fra vitigni autoctoni e storici internazionali. Curioso no?